Il progetto deriva in linea retta da quello denominato “scenografia urbana”, inserito nel PIUSS Piano Integrato Urbano di Sviluppo Sostenibile della Regione Toscana, che ha visto SEUM soggetto proponente di una linea progettuale condotta insieme al comune di Arezzo.
Il programma originario è stato declinato attraverso un intervento sulle componenti pubbliche: segnaletica stradale, segnaletica di identificazione e orientamento, lapidi toponomastiche, illuminazione pubblica e arredo urbano. Questo però non può essere sufficiente per modificare e definire una immagine della città coerente e coordinata con la sua identità storica e ambientale, perché la componente privata, le attività commerciali e i comportamenti dei cittadini che determinano la scenografia urbana, intesa come sfondo, prevalgono in maniera rilevante su quella pubblica.
Non potendo quindi intervenire per progetti dati i vincoli privati o per i limiti temporali che ha ogni progetto, abbiamo iniziato a parlare di processo, inteso come un qualcosa che invece si articola e sviluppa nel tempo attraverso la sensibilizzazione e il rispetto delle regole di convivenza e d’uso dello spazio urbano. SEUM decide quindi di studiare alcuni dei sistemi più importanti: il sistema dei dehors e della segnaletica di prossimità, il sistema dei contenitori portarifiuti e della raccolta differenziata, il sistema delle facciate. Quest’ultimo, inserito all’inizio nel piano solo per gli aspetti relativi allo stato di degrado, è stato ripreso autonomamente da SEUM e sviluppato ulteriormente, prima attraverso una ricerca storica approfondita su forma, materia e colore della città di Arezzo durante i secoli e poi con la definizione dei parametri di notazione cromatica e con la proposta di alcune linee guida per un Piano del Colore.
Il patrimonio monumentale e gli edifici vincolati sono sottoposti a tutela da parte del Ministero BACT attraverso le Soprintendenze sul territorio mentre per tutto il così detto edificato storico minore non esiste di fatto alcune regola. Abbiamo quindi pensato di studiare questo ambito particolare per capire cosa sarebbe stato possibile fare per tutelarlo e valorizzarlo. Siamo partiti da una prima analisi del sistema delle facciate: forma materia colore e artefatti impianti interferenze, prendendo in considerazione in maniera approfondita due assi viari importanti della città storica, sono stati restituiti su fotopiani, è stato rilevato lo stato di fatto e mappata la condizione degli edifici. Questo ha fornito il quadro e le informazioni necessarie su come intervenire in maniera sostenibile e coerente con l’immagine della città. Un primo passo verso la definizione di un vero e articolato piano delle facciate che stabilisca una regola circa l’uso dei vari elementi: infissi, impianti, numeri civici, cassette postali e fornisca le linee guida per la gestione e progettazione del colore. Inoltre possa suggerire corrette modalità operative circa applicazione, materiali idonei, referenziale delle competenze e percorso formativo adeguato ai diversi soggetti.
Il lavoro ha testimoniato che lo stato di degrado presente nella città storica dovuta alla mancanza di una adeguata manutenzione è rilevante e che il persistere di questa situazione può generare danni considerevoli agli edifici e ai proprietari, ma anche e soprattutto, all’immagine complessiva della città.
Partendo da tutto il materiale raccolto si è dato quindi origine a tre progetti complementari: il sistema delle facciate, lo studio del colore di Arezzo e una proposta progettuale per un Piano del colore.
Mentre si percorrevano strade e piazze alla raccolta del materiale per i tre specifici progetti, è nata l’esigenza di uno sguardo più profondo, emozionante ed estetico, che ne descrivesse singolarità e identità ed è scaturito De Signs Arezzo: due volumi che raccolgono le fotografie sul tema appositamente realizzate da Alessandro Schinco. Il primo si sofferma sull’aspetto cromatico della città analizzando profili e facciate, materia e colore, luce e ombra quali fattori che partecipano, al di fuori dei valori formali o documentali, a definire il percetto influenzando chi osserva poiché “La visione… avviene a livelli alti… fino a quando diventa una parte integrale di noi stessi…”. Il secondo mette in evidenza gli elementi che contraddistinguono il paesaggio urbano della città e la sua identità attraverso una visione impressionista che mette da parte i grandi monumenti e si sofferma su dettagli, segni, architetture, alfabeti, interferenze che la raccontano in quanto “La città è un palinsesto di segni del passato sovrapposti… ma… restano costanti a fare da fondamento al giudizio e al riconoscimento dell’identità”.
+ i due volumi sono disponibili nella sezione Bookshop
La città di Arezzo, in particolare nella sua parte antica compresa nella più recente delle sue cinte murarie, quelle Medicee, ha perduto negli ultimi decenni la caratteristiche originali delle sue facciate. L’assenza di un piano specifico, lo scarso interesse per il tema e una normativa inefficace rappresentano le cause principali. Il profilo e soprattutto la cromia del centro storico di Arezzo appaiono disordinati, manca la disposizione di ogni elemento secondo un determinato criterio e gerarchia; l’alternanza delle tinte è casuale e i colori si susseguono senza alcuna metrica a scapito della percezione unitaria che deprime la massa originaria delle facciate e la ritmica dei prospetti. I materiali utilizzati si discostano da quelli tradizionali non solo per insipienza di chi li propone ma anche per normative approssimative ed economicità dell’intervento, fase che infine rappresenta una quota assolutamente marginale nel ripristino di un edificio. Ma soprattutto questi interventi causano, insieme a tecniche applicative spesso improprie, rapido deterioramento quando non danni ancora maggiori. Lo studio della situazione attuale e delle normative, unito alla responsabilità di volere intervenire pure sull’edificato storico minore con il massimo rispetto e sensibilità, ha generato una filosofia d’intervento e delle metodologie di restauro che SEUM presenta nelle proprie proposte.
Il colore deve essere progettato e non semplicemente scelto e quindi si sono studiati i sistemi di notazione cromatica per affidarsi a un ventaglio di possibilità nei canoni di tinta, contrasto, luminosità e proposto un approccio percettivo scientifico che consentisse una serie corretta di ipotesi progettuali. I materiali devono rispondere a criteri di compatibilità, efficacia e sostenibilità sia nel processo produttivo che in quello applicativo. La procedura deve coinvolgere tutti i soggetti a monte e a valle del processo e non essere imposto senza la comprensione di tutti di quanto si propone. Si è trattato di un approccio interdisciplinare che ha coinvolto funzionari pubblici, architetti, conservatori, visual communicators per un primo passo verso la definizione di uno strumento che coinvolga i cittadini e ne accresca orgoglio e consapevolezza, stabilisca regole per amministratori, professionisti e imprese e fornisca suggerimenti per definire il brand della città per la sua migliore valorizzazione e promozione.
È il luogo che detta le condizioni di forma, colore, proporzioni e funzioni del costruito; il paesaggio, le materie del territorio, la cultura e gli strumenti plasmano gli edifici e influenzano l’urbanistica. L’analisi dei costituenti e un’ingegneria inversa servono a riscoprire tecniche tradizionali, strumenti e metodologie, lo studio antropologico serve a comprendere finalità e ambizioni di popoli e genti. L’insieme di tutto questo costituisce il modus costruendi e l’adesione dell’edificato alle genti che lo vivono rappresenta la anima loci dove risiede la tipicità e ricchezza che ciascun nucleo urbano esercita su chi vi vive e che viene percepito come unico, raro e tipico da chi lo visita. Muovendo dalla ricerca sul luogo e i materiali, sull’iconografia e sulla memoria si è cercato di identificare l’immagine di Arezzo nelle varie epoche storiche, comprenderne l’animo e le speranze della popolazione, comprenderne gli atti e le vicende; per analizzare e comprendere l’evoluzione della conformazione delle facciate della città vecchia sono stati eseguiti rilievi e disegnate tavole dove è stato mappato lo stato di fatto non potendo esimerci dall’evidenziare i fattori di degrado; il colore attuale è stato codificato con coordinate univoche riportando i risultati in una planimetria di riferimento.
Il monaco benedettino Rodolfo il Glabro poco dopo l’anno 1000 scrive: “Si sarebbe detto che il mondo stesso si scuotesse per lasciare gli abiti della vecchiaia, e si rivestisse di un bianco mantello di chiese” a indicare non solo per gli edifici sacri ma un po’ per tutti, l’invalsa abitudine a scialbarli di chiaro.
Le immagini che i dipinti tardo medievali e rinascimentali raccontano dell’aspetto, ideale, immaginato o reale di borghi e città, ci restituiscono facciate a volte policrome ma più spesso coloriture omogenee che vanno da toni chiari prossimi al bianco a grigi lividi, da tenue tonalità bigie ocracee a bruni giallastri più intensi.
Per molto tempo il colore complessivo della città era determinato dai soli materiali costitutivi: le murature di pietre e mattoni tuttalpiù coperte da un magro scialbo di calce; le coperture talvolta in lastre di pietra più spesso in coppi ed embrici; gli sportelli delle finestre, quando presenti, in semplice legno.
È negli ultimi due secoli che abbiamo coloriture più vivaci delle facciate “(ad Arezzo) … questa pietra d’una tinta giallastra … non manca di produrre un bell’effetto, unita all’intonacatura giallastra o arancione, e alle imposte verdi che la fanno spiccare e la animano”. Eugene Muntz 1897.
Nel dopoguerra si perpetua la tradizione precedente ma ben presto i colori si smorzano e deviano verso tonalità incerte, la tradizionale alternanza di toni si perde e infine la disponibilità di tinte pressoché infinita ci consegna invece una città indefinita e priva di una qualsiasi caratterizzazione. Il lavoro è stato svolto ripercorrendo la genesi della cromia del luogo partendo dall’analisi del territorio e lo studio di documenti, trattati e iconografia, analisi diagnostiche, immagini e racconti. Quanto proposto rappresenta possibili suggestioni che potrebbero rendere ad Arezzo dignità e identità in un panorama non comprimario dell’Etruria meridionale.
Il sistema dei dehors e della segnaletica di prossimità è stato analizzato nel corso di due anni, sia durante la stagione invernale che quella estiva. Sono stati fatti dei rilievi fotografici ed una prima verifica sia sull’esistenza della concessione che sullo spazio avuto in concessione in termini di rispetto della superficie concessa. E stato fatta un’analisi della tipologia dei dehors: la struttura, gli ombrelloni, le sedie e i tavolini, le fioriere e soprattutto la segnaletica di prossimità: menù, pannelli promozionali, cartelli di indicazione.
Il tutto ha prodotto un documento molto articolato che è stato la base su cui poi è stata costruita la bozza del regolamento comunale. Il tentativo era quello di mettere ordine su una serie di elementi che determinano in modo rilevante l’immagine della città (soprattutto ad altezza sguardo), così da dare un immagine coordinata, più armoniosa e accogliente per il visitatore e il turista.
L’analisi del sistema dei contenitori portarifiuti e quello della raccolta differenziata dei rifiuti domestici (oggi eseguita con prelievo programmato porta a porta, ma che determina comunque la permanenza di sacchi di immondizia o altro materiale lungo le strade per alcune ore), un interferenza importante nello spazio urbano, ci ha indicato come poter intervenire. Per quanto riguarda i cestini portarifiuti è stata data l’indicazione di una nuova ricollocazione, riducendone la frequenza e posizionandoli lontani da visuali “panoramiche”, pur rimanendo di facile accesso.
Per i cassonetti presenti nella zona bassa della città si è cercato di dare più ordine alla loro collocazione e dove possibile è stata indicata la possibilità di sostituirli con delle isole ecologiche interrate.
Per la parte alta, dove la raccolta avviene porta a porta, abbiamo ritenuto che la soluzione più sostenibile fosse quella di realizzare delle isole ecologiche interrate, così da evitare il passaggio giornaliero e continuo dei mezzi predisposti alla raccolta differenziata. Ma soprattutto risolvere il problema dei rifiuti lungo le strade durante l’arco della giornata, due criticità rilevanti per il contesto ambientale e l’immagine della città storica. Data la difficoltà di trovare superfici adeguate all’interro è stata individuata una soluzione di tipo misto, con un piano fattibile di postazioni che possono coprire in gran parte il centro storico, integrate con la raccolta porta porta nelle zone più difficili.
Il tema della promozione attraverso la valorizzazione del suo edificato storico e la riscoperta dell’identità di luogo come tratto distintivo e originale, ci ha spinto a intervenire con un intervento di recupero su un edificio che ospita l’ufficio turistico, posto nei pressi della stazione ferroviaria, in quanto trascurato e abbandonato al degrado, così come tutta la zona adiacente. L’intervento di riqualificazione di questo edificio, tipico degli anni 50/60 (in precedenza era un officina con pompa di benzina) e dell’area adiacente, è stato fatto attraverso un percorso di “adozione” che ci ha visto quindi impegnati a titolo volontario sia per quanto riguarda il progetto che la realizzazione e in collaborazione con altri soggetti volontari. Il progetto consisteva nel riordino degli spazi interni, lo spostamento della struttura del Bancomat da un lato ad un altro, lo smontaggio della precedente insegna, ingombrante e costosa in termini di consumo energetico, l’imbiancatura interna ed esterna, il ripristino dei bagni, la realizzazione di una pensilina e della pavimentazione esterna.
La nuova tinteggiatura ha i colori più marcati ispirati ai colori dell’identità storica, così da mettere maggiormente in evidenza la sua forma, l’insegna sporgente è sostituita con la dicitura ufficio turistico (tourist office) scritta con caratteri ispirati al periodo a cui fa riferimento l’edificio. Le scritte sono state tagliate su metallo e applicate direttamente sulla parete con una piccola sporgenza, allineata a due piccole insegne illuminate. L’impianto di illuminazione generale è stato così ridotto rispetto al precedente, così da avere un maggior risparmio energetico, e allo stesso tempo questa nuova soluzione permette di focalizzare immediatamente la scritta e la simbologia: marchio del Comune e punto informazioni.
Le ragioni per le quali le politiche di trasformazione urbana sono di fondamentale importanza per il benessere dei giovani in generale e dei bambini in particolare sono del tutto evidenti:
– i giovani sono i soggetti che maggiormente fruiscono degli spazi aperti, e che per la loro fragilità ne subiscono i pericoli e i malfunzionamenti;
– i giovani di oggi saranno i cittadini consapevoli di domani.
In termini di investimento sociale i processi di coinvolgimento e di educazione alla progettualità urbana facilitano la crescita di cittadini più disposti a partecipare in futuro alla gestione della cosa pubblica e hanno una forte valenza educativa sia per questi soggetti che per la società nel suo insieme. Mettere al centro dei processi di trasformazione urbana i bambini ha risvolti positivi sull’efficacia del lavoro complessivo con la popolazione adulta.
Lo speciale rapporto tra i bambini e la natura e la loro facilità di immaginare visioni utopiche e la capacità di vedere l’ambiente con modalità globali e interconnesse fa si che spesso i progetti da loro elaborati contengano indicazioni più ecosostenibili, più semplici e sensibili ai bisogni.
Il progetto di scenografia urbana, il decoro, la sostenibilità urbana ed in generale i processi di trasformazione in atto ad Arezzo devono interagire necessariamente con i bambini. Non solo per le motivazioni suddette ma in relazione alla fragilità degli stessi, nella misura in cui le problematiche e le criticità saranno individuate e risolte, la città diventerà visibile e vivibile per tutte le categorie di soggetti.
Il piano di lavoro con i bambini delle scuole si è articolato nell’arco di un anno scolastico e ha previsto alcune passeggiate e visite guidate nella città a diverse ore del giorno. Le passeggiate sono state di due tipi, il primo a tracciato libero: gli allievi hanno condotto le guide in direzione dei luoghi che volevano raggiungere, seguendo le scorciatoie o evitando le difficoltà. Nel secondo le guide conducevano gli allievi percorrendo i tracciati degli adulti e individuando assieme a loro le criticità. Sono seguiti incontri e workshop dove attraverso le immagini è stata raccontata e analizzata la città e sviluppato in particolare il tema dell’identità di luogo.
Nell’ambito di Arezzo Città Sostenibile, Seum ha organizzato insieme al Comune di Arezzo e alla Camera di Commercio il convegno ”Arezzo, progetti per una nuova identità” / solidale, innovativa, sostenibile, smart. L’iniziativa si è svolta in due sessioni una mattutina più generale sul tema della Smart City, della mobilità e della Sostenibilità Urbana ed una pomeridiana interamente dedicata al progetto MAIN, Materiali Intelligenti, il progetto finanziato dalla Comunità Europea e di cui Seum è stato uno dei partner.
Oltre al contributo della Fondazione CR Firenze per l’organizzazione della giornata, hanno collaborato alla sua riuscita anche le associazioni professionali della Provincia di Arezzo. Il convegno ha così visto la partecipazione di circa 250 persone, con la la possibilità di ricevere crediti formativi in relazione alle rispettive professioni. Alcuni tra i relatori più importanti sono stati Mario Calderini Presidente del Comitato ANCI per le Comunità intelligenti, Riccardo Basosi, rappresentante italiano per l’energia in Horizon 2010, Michele Zinzi ENEA e Alberto Muscio UNIMORE.